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racconti trans 2023 Il contratto

Al mattino ero uscita di casa preoccupata di cosa avrei dovuto raccontare al mio ragazzo al mio rientro. Era l’ultimo giorno del mio periodo di prova in ufficio e proprio a pochi giorni da quella scadenza avevo compiuto una leggerezza che aveva causato all’azienda un discreto danno. Per quel motivo ero sicura che non mi avrebbero rinnovato quel contratto che fino a pochi giorni prima ero sicura di portare a casa. Per la vergogna non gli avevo ancora raccontato nulla ma avrei dovuto spiegargli qualcosa perché avrei smesso di andare al lavoro. Alla sera, pigiata tra la gente in metropolitana, le mie preoccupazioni erano altre, anche se sempre legate ad un fatto che non potevo raccontargli, cioè quello che era successo nel mio, non più ultimo, giorno di lavoro. Il mio capo, quello per cui stavo facendo il lavoro di assistente, era un bell’uomo sulla quarantina, sposato e con figli. Ero stata felice di essere capitata con lui e non con uno più vecchio e sgradevole. Dovevo ammettere you porno che avevo fatto anche qualche pensiero proibito su di lui, ma era stata solo una curiosità momentanea. Ero davanti a lui, con aria contrita e supplichevole. Mi stava spiegando, un po’ imbarazzato e con giri di parole, che non potevano confermarmi dopo quello che era capitato. Ci tenevo moltissimo a quel lavoro e tentai l’ultima carta. Lo implorai di ripensarci, mi offrii per continuare il periodo di prova, ancora un po’, senza essere pagata. Gli chiesi se non c’era niente che potessi fare per fargli cambiare idea, dicendo che ero pronta a fare qualsiasi cosa. Nel parlargli mi ero protesa verso di lui, appoggiandomi alla scrivania. Quando gli dissi che ero pronta a tutto vidi che il suo sguardo fu rapito dalla mia scollatura che, in quella posizione, era bene in evidenza. Ci fu un attimo di silenzio imbarazzato. Ero disperata e senza pensarci ribadii: “Qualsiasi cosa!” Era chiaro per entrambi a cosa stavamo arrivando. Lui sembrò combattere dentro se stesso. “Vieni qui.” mi disse spiegandomi a gesti di aggirare la scrivania. In quei pochi passi mi chiesi che cosa stavo facendo, se ero diventata pazza e se ero caduta così in basso. Esitai un attimo e lui colse questa mia esitazione ed ebbe un ripensamento. “No, scusa. Perdonami. E’ profondamente sbagliato quello che stavo per chiederti. Scusami ma a casa è un momentaccio.” diede un rapido sguardo alla foto di sua moglie sulla scrivania. Io feci in tempo a notare che in mezzo alle gambe gli si era formato un bel bozzo. Restammo per un po’ in silenzio, poi feci per andarmene, biascicando un saluto. Arrivai alla porta. Stavo per aprirla, ma mi fermai. Ebbi una lotta interiore. In quei pochi istanti mi ero resa conto che la situazione mi aveva eccitato, a prescindere dal motivo per cui mi stavo per concedere. incesti italiani Invece di aprire la porta del suo ufficio girai la chiave, chiudendola. Mi voltai e lo guardai fisso. Con un gesto lento e sensuale mi sollevai leggermente la gonna per afferrare i lembi delle mutandine per sfilarmele in modo plateale. Le lasciai a terra ed ancheggiando andai verso di lui. Mi abbassai e passai sotto la scrivania, camminando carponi. “Non lo fare.” mi disse senza però opporsi in nessun modo mentre gli abbassavo la zip dei pantaloni. “Non puoi ottenere il tuo posto in questo modo.” Aggiunse. “Non lo faccio per quello. Lo faccio perché lo voglio fare.” Gli dissi. Ero sincera? In parte sì. Mi dedicai con molta dedizione a praticargli un lungo e gustoso pompino. Rimasi piacevolmente colpita dalla bellezza e dalle proporzioni del suo sesso. Mi venne da sorridere quando capii che lui aveva fatto cadere la foto della moglie, come per non farsi vedere da lei. La situazione mi eccitò a dismisura. A differenza di quanto facevo con il mio ragazzo, mi lasciai venire in bocca ed ingoiai tutto, ripulendolo anche per bene con la lingua. “Ehi, e quelle?” mi disse fermandomi prima che uscissi, indicando le mie mutandine che giacevano per terra. Le raccolsi e le feci dondolare davanti a me. “Le lascio qui, se mi dici che domani posso tornare a prenderle…” gli buttai l’amo. Dopo il pompino non mi aveva promesso nulla. “Aspetta. Vieni qui.” Tornai a sedermi davanti a lui. “Cosa succede, da domani, se torni qui a lavorare da noi?” “In che senso cosa succede?” chiesi mentre dentro di me mi sentii euforica. Lasciai da parte eventuali scrupoli morali. Quel posto lo meritavo, non fosse stato per quell’unica cazzata. E scoparmi il capo non mi dispiaceva affatto. “Cosa succede… fra noi due. Cioè, quello che è appena successo… voglio dire.” Lo zittii con un dito sulle sue labbra. “Ti ho detto che l’ho fatto perché volevo farlo. Mi è piaciuto. Penso che avrò ancora voglia di farlo.” “Solo quello che abbiamo fatto o… anche di più?” Cominciavo a divertirmi a vederlo così turbato. Salii sulla scrivania con le ginocchia e mi girai dandogli le terga. Mi alzai la gonna. Lui si tuffò subito sul mio sesso, affamato e voglioso. “Cazzo, mi fai impazzire!” disse staccandosi per un attimo. mature porno “Mia moglie non fa mai queste porcate!” Ridacchiai. Mi stavo sentendo in ogni momento sempre più potente nei suoi confronti. Mi fece scendere in modo che fossi appoggiata con il busto sulla scrivania, nella più classica delle posizioni da ufficio. Con le mani mi impastava il culo, adorante. “Prendi la pillola?” mi chiese ed io risposi di no. “Cazzo, non ho preservativi qui in ufficio.” “Dai, di te mi fido. Scopami lo stesso.” gli dissi impaziente e folle. “No, no. Piuttosto posso prenderti qui?” mi disse mentre con il pollice mi premette sul buco del culo. “Sarai abituata a prenderlo in culo, no?” Mi venne un po’ da ridere, sia per il significato metaforico della frase che ben si adattava alla mia situazione lavorativa, sia perché, come tutti gli uomini, la sua preoccupazione per la mancanza dei preservativi svaniva se c’era la possibilità di fottere una bella ragazza nel culo. “No, non farlo, non l’ho mai dato al mio ragazzo…” stavo dicendogli mentre lui aveva iniziato a spingermelo dentro ed io, non so bene neanche il perché, in realtà non stavo opponendo resistenza. “Non ci credo, una troietta come te è vergine di culo?” “Sì… fai piano… mi fai ma…” mi tappò la bocca con la mano perché cominciavo a urlare un po’ troppo forte, ma più per la goduria che per il male. Mi stava piacendo. “Prendi il contratto, che te lo firmo.” Mi disse indicandomi dei fogli sulla scrivania. Lo firmò sulla mia schiena, mentre aveva il cazzo ben piantato pormo dentro di me, in una perfetta allegoria della società attuale. Ma nonostante tutto e nonostante il pensiero di essere diventata una puttana, non mi sentivo sfruttata e degradata. L’avevo fatto per ottenere qualcosa ma non solo. Era stata una trasgressione piacevole indipendentemente dal resto. E soprattutto, nonostante la posizione che avevamo in quel momento, sentivo di avere io in mano le carte di quel rapporto.

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