troie che fanno sesso con animali cane davanti alla telecamera

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troie che fanno sesso con animali

troie che fanno sesso con animali Il collegio era un grande edificio ottocentesco di austero stile vittoriano: con ampie finestre sulla facciata, soffitti altissimi, stucchi e raffinate boiserie all’interno.
Era dotato di un grande parco in riva al lago, arricchito da una natura splendida e lussureggiante di colori e profumi nelle giornate primaverili.
L’istituto era riservato unicamente ad allieve di sesso femminile, appartenenti alla buona borghesia europea, io vi avevo frequentato il ginnasio, ed ero ormai giunta al secondo anno di Liceo Classico.
Come molte altre coetanee vivevo quell’esperienza con lo spirito di una reclusa confinata in un riformatorio minorile.
La serietà e la disciplina di studio vigevano al suo interno con una rigidità da college britannico.
Il corpo docente era sceltissimo, austero al pari della struttura: costituito da insegnanti di qualità e credenziali adeguate al livello dell’istituto.
Quindi tutti puntigliosi, severi ed eccellenti nella loro materia. Insomma dei veri rompicoglioni.
Come era uso in quegli anni, per una giovane di “buona famiglia” e per giunta figlia unica, si ambiva a dotarla di un’educazione che la facesse ben figurare in società.
Un retaggio di stampo ottocentesco, che i miei illustri sesso con animali zoofilia genitori videro bene di rinverdire nello spedirmi in questo lussuoso rudere di cultura, apprendimento e buone maniere.
Si era alla fine della terza media, quando fui sorpresa da mio padre, rientrato in anticipo dall’ufficio, con due compagni di classe nel chiuso della mia camera. L’episodio fu la classica goccia che fece traboccare il vaso.
Non che stessimo facendo chissà che, fummo colti mentre stavano con i calzoni abbassati e io ero intenta a praticargli un piccolo servizietto di bocca.
Questo certo era troppo per il mio scandalizzato e furente genitore, subì una durissima reprimenda, soprattutto poiché non si trattava della prima volta che venivo beccata, in atteggiamenti sconvenienti, nella compagnia di maschietti della mia età.

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La presenza di due ragazzi in contemporanea, dovette certo, a suo giudizio, rappresentare un punto di non ritorno.
infatti quella stessa sera, col consenso di mia madre altrettanto invelenita, decisero che era giunto il momento di affidare la mia educazione a una struttura adeguatamente severa e qualificata.
Il mattino successivo armi e bagli fui deportata verso il mio istituto correzionale, in riva al lago sul versante svizzero.
Il piano terra e il primo piano dell’edificio, ospitavano le aule in cui si tenevano le lezioni, vi era poi una sezione per le cucine e un ampio refettorio per i pasti giornalieri delle allieve.
Il secondo e il terzo piano erano destinati ai dormitori, con camere a due o quattro letti.
Almeno in questo ero stata fortunata: dividevo infatti una camera a due letti con Marika, mia compagna di classe, anche lei proveniente da Milano. Una brunetta tutto pepe, solare, intelligente e simpaticissima.
La nostra intesa era stata molto forte fin dal primo incontro, eravamo in sintonia su tutto.
La nostra amicizia rappresentava per entrambe un’isola felice, una salvifica boccata d’ossigeno in quel mortorio sonnolente e asfittico.
Come detto, la disciplina imposta era parecchio severa, quindi per noi femminucce l’idea di vedere un maschio la dentro, era del tutto aleatoria.
Gli unici esponenti di sesso maschile che ci era concesso di incontrare erano: il vecchio professore di matematica Andreoli, quasi sessantenne e prossimo alla pensione, il signor Lorenzo, un inserviente cinquantenne tuttofare e in fine il professor Rinoldi, un quarantenne docente di lettere e anche con funzione di Vice Preside. Il resto del personale insegnante o di servizio era tutto declinato al femminile.
In questo deserto di valide figure maschili, il professor Rinoldi, diveniva inevitabilmente il polo d’attrazione delle nostre più sfrenate fantasie adolescenziali.
Intanto perché era un uomo di notevole fascino: bruno, lievemente brizzolato, un viso piacevolmente maschio e occhi da principe mediorientale, raffinato nei modi e nell’aspetto video porno amatoriale italiano come un aristocratico inglese.
Era inoltre appassionato di equitazione: montava Lucky un cavallo arabo nero, il campione della scuderia del collegio.
Sia che commentasse Virgilio o che sfrecciasse in groppa a Lucky lungo i vialoni del parco, il professor Rinoldi non mancava di fare le sue vittime sentimentali tra noi ragazze.
In classe pendevamo dalle sue labbra, persino le versioni di Tacito o le gravose traduzioni dal greco antico, apparivano seducenti per le nostre giovani menti e ancor più per i nostri giovani corpi.
Molte di noi, durante le sue lezioni, si abbandonavano a fantasticare a occhi aperti su lui e sotto i banchi, inserivano di nascosto oggetti nelle mutandine per sollecitare il racconti erotici lesbo umido di voglia.