ma quel cane enorme mi montò alla perfezione porno racconti incestuosi

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porno racconti incestuosi

porno racconti incestuosi Era l’estate del 2005; io e la mia famiglia, composta all’epoca dei fatti da me Alberto, 19, mia sorella Camilla, 26, mio padre Enrico, 54 e mia madre Roberta, 45, partimmo in vacanza alla volta di Jesolo, località turistica/balneare del Veneto. Alloggiavamo in un appartamento di proprietà del fratello di mia madre che gentilmente ci aveva proposto di spenderci un paio di settimane, prima che come d’abitudine ci andasse lui con la sua, di famiglia: l’appartamento era piccolo(o, come si dice, “accogliente”), composto appena da cucinino/sala da pranzo con televisore, bagno e le due camere, entrambe con letto matrimoniale per motivi di spazio, e delle quali una direttamente collegata alla cucina senza nemmeno la porta in mezzo, mentre l’altra piazzata di fronte, minuscola ma con il beneficio della privacy con tanto di chiave. Mia madre e mio padre erano ai ferri corti, continue tensioni in casa e litigi inutili, si pensava si potesse allietare un po’ il rapporto ma non ci credevano nemmeno loro, tanto che le camere vennero organizzate in maniera poco logica: mio padre e la sua cocca Camilla(figlia unica per 7 anni.. ma ha sempre, anche da adulta, continuato ad essere per lui la sua bambina) nella camera piccola, io e mia madre nell’altra, quella collegata a cucina/sala. Non era certo un aiuto per il rapporto, ma almeno il poco contatto tra i due aveva il vantaggio di non creare ulteriori e futili discussioni(una volta litigarono anche a causa di una risposta di un quiz televisivo, mi sembrava di essere in una di quelle commedie italiane degli anni 80 che dipingevano il degrado della società..). Mia madre in quei giorni era una persona molto triste che voleva apparire forte e guidare la sua famiglia attraverso quel momento, ed a tratti quell’atteggiamento da martire che lasciava trasparire dava un po’ allo stomaco; mio padre invece era più rassegnato, lasciava che le cose accadessero senza prestarvi molta attenzione. Mia sorella.. era semplicemente contenta di potersi godere le vacanze lontano da problemi sentimentali e dai soliti “stronzi” che le rovinavano, a suo modo di vedere, l’esistenza. Passavamo le giornate in maniera semplice: dormivamo fino a tardi, pranzavamo appena svegli(a volte con la pasta fredda o l’insalata di riso, altre con i pasticcini che mio padre andava a comprare prima che noi altri ci svegliassimo), andavamo al mare ed alla sera per le bancarelle o le sale giochi del posto, in genere divisi in coppie come per le camere da letto, anche se io mi sganciavo da mia madre per non dovermi sorbire i suoi noiosissimi giri tra gente che legge il futuro sul palmo della mano e gente che fa l’oroscopo seduto ad una bancarella da quattro soldi. Uno di quei pomeriggi ci trovavamo sulla spiaggia assieme, a fare il bagno e a prendere il sole alla nostra postazione. Dopo essermi tuffato in acqua, me ne tornai sul mio asciugamano, sistemato tra mia madre, alla mia sinistra, mio padre alla mia destra e Camilla alla sua, di destra. Quando mi sedetti mia madre stava già schiacciando il suo pisolino ed io mi apprestavo a godermi il mio, papà stava in silenzio con gli occhiali da sole e non capivo se fosse assopito o meno e mia sorella leggeva uno di quei libri idioti, credo fosse Ravanello Pallido. La nostra era una postazione tranquilla, non c’era gente molto vicina a noi. Mi misi i miei occhiali da sole ed appoggiai la nuca tra le mie mani incrociate. Viaggiavo tra i pensieri nel dormi-veglia: mi distrasse uno “ssshhh!”, pronunciato da qualcuno nelle mie vicinanze con lo scopo di ammonire qualcun’altro; non poteva che essere un membro della mia famiglia e quindi, visto che mia madre alla mia sinistra era abbastanza isolata dagli altri, istintivamente e dopo aver passato qualche attimo a fare mente locale, dato che ero mezzo addormentato, buttai un occhio alla mia destra e scorsi una cosa che cambiò totalmente le mie vacanze: mio padre aveva una mano all’interno del costume di mia sorella: le stava massaggiando la figa! Era una vista sconvolgente e sentivo il flusso di sangue che si stava, bastardo-bastardo, dirigendo verso il mio già bisognoso d’attenzioni pene, che non coccolavo da due giorni, ovvero da quando mi ero chiuso in bagno proprio con quello scopo. Ed il problema era proprio quello: a breve avrei avuto una erezione massiva che difficilmente sarebbe passata inosservata all’attenzione di mio padre e Camilla, cosa che non ero sicuro di volere, perché ancora non sapevo come pormi in quella situazione. Una cosa era sicura: la situazione mi eccitava e non volevo rovinare tutto. Decisi di metterli in allerta senza far loro capire che avevo visto, quindi feci finta di essere in sonno profondo e, a costo di sembrare ridicolo, accennai al russare. Che a quanto pare funzionò, visto che sentii il rumore del braccio di Enrico ritrarsi ed il respiro pesante di mia sorella calmarsi. Dopo alcuni secondi, anticipando di molto poco il gonfiore del mio costume, mi girai sul fianco dando loro le spalle, in maniera da nascondere la mia perversa eccitazione. Incidentalmente, il mio movimento svegliò anche mia madre, il che significava che per loro la festa era guastata per quel pomeriggio. Chi lo avrebbe mai detto, non solo tra i due, padre e figlia, c’era un rapporto di tipo sessuale, ma erano arrivati al punto da godere del rischio di essere scoperti, e di generare uno scandalo di quel tipo.. la cosa mi aggradava parecchio, finalmente quelle vacanze assunsero un senso, ed io decisi che quello che era il mio scopo in quei giorni: fare lo stalker e seguire ogni loro mossa, intercettare tutti i loro contatti sessuali e goderne a modo mio. Se loro erano aspiranti esibizionisti, io mi ero scoperto voyeur: famiglia perfetta! La sera stessa, nel letto, aspettai che mia madre si addormentasse, cosa che invece di solito capitava prima a me. In fondo non avrei potuto dormire nemmeno se lo avessi voluto, con l’adrenalina che mi ritrovavo in corpo.. dopo una mezz’ora abbondante, decisi che avevo aspettato abbastanza, avevo paura che gli altri due maiali, che come le altre notti tardavano a rientrare, facessero tutto in mia assenza e la cosa mi impazientiva. Per assicurarmi che mia madre dormisse, la chiamai sottovoce: “Ma’..?” inaspettatamente, mi rispose. “Sì, Be’?”(diminutivo del mio nome) D’istinto, non sapendo che scusa accampare per averla chiamata e con la fretta che avevo, le dissi: “non riesco a dormire, faccio una camminata” “va bene tesoro”, mi rispose. Perfetto, mi misi pantaloncini corti e maglietta che avevo appoggiati su di una sedia e mi preparai ad uscire, allo sbaraglio perché non avevo idea di dove potessero essersi appartate le mie prede, cercando di fare piano. Fui molto fortunato: aperta la porta sentii rumori e respiri. Poi ci pensai, era abbastanza logico: scopavano nel piccolo giardino a fiando dell’appartamento, potevano essere al riparo dagli occhi miei e da quelli di mia madre ed allo stesso tempo provare l’ebrezza di farlo all’aperto e con il rischio che a loro piaceva. Mi sentivo una versione depravata del protagonista di uno dei miei videogiochi preferiti, ero in fase ‘stealth’: localizzare il bersaglio, approcciarlo senza essere visto, agire, che nel mio caso significava svuotarmi i coglioni con una delle seghe che nella mia vita difficilmente avrei dimenticato. Erano dietro l’angolo del giardino, al riparo dagli occhi dei passanti sulla strada, ma poco attenti a non far rumore visto che io li avevo sentiti con un po’ di attenzione.. avevo fatto il giro della recinzione della casa che sta a fianco, saltando il cancello alto un metro scarso. Li avevo ormai di fronte a pochi metri: Camilla era lì, a quattro zampe, mio padre la scopava da dietro, piegato sulle ginocchia invece che inginocchiato, come nei film porno: per avere 54 anni non gli mancavano certo i muscoli delle gambe.. Adattati al buio, i miei occhi a poco a poco riuscivano a scorgere sempre più dettagli, aiutati anche dal riaffiorare del ricordo dei vestiti con i quali li avevo visti uscire(generalmente non faccio per nulla attenzione a come è vestita la gente): quella troia di mia sorella era ancora completamente vestita, aveva solo alzato la minigonna e spostato le mutandine sul lato, in maniera da permettere a mio padre, che invece osava di più e si era tolto i pantaloncini e li aveva posati nei paraggi, di scoparsela lì, all’aperto ed a pochi metri in linea d’aria da madre e fratello, o moglie e figlio. La sentivo, lei, mugolava come una troia, era un aspetto di lei che fino a quel momento avevo solo osato immaginarmi. Era il momento: tirai fuori il cazzo che non voleva proprio più saperne di restarsene segregato, lo presi in mano e, vittorioso e fiero, iniziai a premiarmi con una bella sega, con movimenti belli ampi di una mano ben salda sulla pelle del membro: era come riscoprire la masturbazione. Lui, mio padre, era più contenuto, ma le parlava: sussurrando le dava della troia, della puttana, le diceva volgarità che a lei sembravano eccitare molto, mentre con le mani alternava tra le sue tette e la sua figa. Era davvero una puttanella, la cara Camilla, che si godeva il cazzo di papà e si faceva sbattere in quella maniera.. che donna. Era una scena bellissima, scoprii lo scopatore degno di rispetto che era mio padre: io avevo interrotto la sega più volte, per qualche attimo, per prevenire un orgasmo prematuro, la mia intenzione era quella di attendere che loro due fossero sul punto di finire, venire io prima di loro e, in fretta, sgattaiolare in casa e nel letto. Così non fu: mio padre era una macchina ed io troppo eccitato decisi di godere e basta: venni sul muretto dei vicini in un fiotto di sperma esageratamente appagante da sentir uscire dalla mia cappella, quasi gemetti per la goduria.. mi ricomposi rapidamente e, risaltato il piccolo cancello, rientrai in casa molto silenziosamente, dove mi attendeva una nuova sorpresa.. mia madre non stava dormendo, la sentivo invece ansimare in maniera eloquente ma controllata: si stava masturbando! Cazzo. Non mi aveva sentito rientrare, ed evidentemente in quanto donna li aveva anche lei i suoi bisogni, visto che mio padre era troppo occupato a scoparsi la figlia compiacente. Ero galvanizzato, decisi di farla sentire imbarazzata e, prima che lei avesse avuto il tempo di smettere, si ritrovò i miei passi lunghi ai piedi del letto ed infine sul mio lato dello stesso. Mi fermai completamente per un secondo e sentii che si era fermata, c’era silenzio totale. Mi spogliai della maglietta e dei pantaloncini, non delle mutande. Rientrai sotto il lenzuolo leggero e mi misi a pensare. Non solo ai due maiali che lì fuori si stavano ancora montando, ma anche a mia madre: a cosa pensava? Accanto a lei c’era un ragazzo ormai nel pieno della maturità sessuale, con la cappella ancora sporca di sperma, se solo sapesse.. Poi però mi rendetti conto che, a giudicare da quanto avevo visto pochi minuti prima, probabilmente mia madre era stata ben viziata, nel letto coniugale. In quel momento probabilmente lei si stava mangiando dentro dai dubbi: l’avevo sentita? Cosa avrei pensato di lei? Non poteva certo chiedermelo. Decisi di farglielo capire: spostai le mie mutande verso il basso, mi ripresi in mano il fido destriero che, senza sforzo, eccitato anche dalla consapevolezza che a pochi centimetri mia madre aveva le dita ancora bagnate dalla sua figa, tornò ad esprimere la sua versione super sayan massima potenza, ed iniziai il su&giù che aveva confortato i miei pomeriggi altrimenti pieni di nulla cosmico. Aveva capito al 90%, o almeno così speravo, ma preferivo tenerla nell’incertezza: i miei movimenti infatti erano contenuti, volevo dare l’impressione di volerlo fare di nascosto, mi godevo quello che rimaneva di una giornata sconvolgente. Gli animali rientrarono, io smisi, e mi addormentai poco dopo: degli altri, non so. Continua.. La sveglia, il giorno dopo, fu con il durello: sapevo di aver passato la notte saltando da un sogno erotico all’altro ma avevo già dimenticato tutto; di tanto in tanto mi svegliavo, probabilmente causa sovraccarico di adrenalina dal giorno prima, e nel dormiveglia vedevo la sagoma di mia madre stesa di fianco a me: rincoglionito com’ero facevo fatica a resistere alla forte sensazione di saltarle addosso come fa un animale con la femmina nel suo branco, e prenderla che lei volesse o meno. Rincoglionito dall’eccitazione com’ero, pensavo che c’era la possibilità che mi avrebbe lasciato fare, ma fortunatamente mi trattenni, e al mio definitivo risveglio lei era scesa dal letto ed andata in cucina a farsi il caffé dopo la doccia mattutina. Avevo comunque deciso di giocarmela e ammiccare al sesso in ogni possibile modo e situazione, ero gasato da ciò che c’era in palio; indossai dei boxer attillati, con il mio pisello in gloriosa erezione mattutina, che mamma probabilmente aveva sbirciato sotto le coperte mentre io dormivo dopo un dormiveglia passato ad immaginarmi di scoparmela, ed una maglietta che non copriva l’inguine; infilai le ciabatte e, con fare da chi ancora non è completamente sveglio, dondolandomi nella lenta camminata mi diressi prima in bagno per lavarmi rapidamente i denti, poi in cucina, mantenendo ben salda la mia erezione menandomelo un po’ prima di uscire dal bagno. Lo aveva notato subito ma non lo aveva commentato con una battuta come avrebbe fatto se fosse stata completamente serena: “buon segno” pensai. Primo achievement della giornata: riuscire a strusciarglielo addosso. Facilitato dagli spazi angusti del cucinino, ci riuscii due volte, prima sul suo braccio mentre lei era seduta, poi nella maniera più classica, ovvero sul culo mentre lei era al lavandino, ed ogni volta mi veniva più duro di prima, in special modo la seconda quando indugiai, e l’annusare la sua sensuale fragranza mi fece immaginare perché mio padre ci avesse perso la testa. Avrei potuto fare “triplete”, emulando la seconda strusciata, ma oltre che un po’ forzato nella dinamica, sarebbe stato sospetto per non dire ovvio aver mantenuto quella erezione così a lungo, quindi mi accontentai del bottino. Poco dopo tornò babbo con le crèpe, al cioccolato e alla marmellata, e mia sorella si svegliò dal torpore; mi piaceva pensare che si era sditalinata al risveglio pensando alla scopata che si era fatta la notte precedente con nostro papà. Mangiammo, apprezzando il fatto che il pasticciere non avesse utilizzato banalmente della nutella come farcitura delle crepe ma una crema al cioccolato almeno presumibilmente artigianale, cosa non da poco in una località turistica. Mia sorella espresse la sua intenzione di mettersi a nuotare, quel giorno, e chiese a noi di farle compagnia. “Perché no?” pensai e dissi; mio padre espresse la stessa disponibilità, mia madre invece disse che non aveva portato il costume. Le risposi che poteva comprarlo, poiché di negozietti che mettevano in vendita costumi da bagno era piena Jesolo. Mia sorella appoggiò e mio padre, cogliendo la palla al balzo, si spinse oltre proponendo a me di andare con la mamma a scegliere il costume: capii al volo che il maiale aveva l’intenzione di scoparsi mia sorella nell’acqua del mare, approfittando della nostra assenza, appartatosi poco lontano dagli sguardi della gente. Non avevo nulla in contrario e accettai istantaneamente, mia madre sbuffando un po’ alla fine accettò. Mamma ed io decidemmo di partire presto, lasciammo Enrico e Camilla che guardavano la televisione e non aspettavano altro che rimanere soli per mettersi a fottere di nuovo, questa volta nell’appartamento, saltando da un letto all’altro, alla cucina, al pavimento. Rosicavo un po’. Ci dirigemmo verso i negozi, mia madre continuava a mostrare una certa riluttanza e glielo feci notare. Mi rispose che a quell’età non aveva più la confidenza di quando il suo corpo era quello di una ragazza, ed inoltre avrebbe dovuto fare qualcosa per i peli pubici che sarebbero spuntati dal costume. Approfittai dell’occasione, le detti un leggero schiaffo sul culo e mentre le dicevo che quel culo avrebbe attirato più di uno sguardo e che era sciocco pensarla diversamente, indugiai stringendo una natica nella mano e scuotendola leggermente, il tutto nell’arco di un paio di secondi ed integrando il più possibile l’azione alle parole. Senza lasciarle tempo di replicare o di decidere quale reazione avere, aggiunsi che i peli andavano rasati. Disse che lo sapeva ma non voleva farlo con una lametta, l’avrebbe fatto con il rasoio elettrico ma l’aveva lasciato a casa. Dissi che le avrei prestato il mio, il quale era dotato sul retro anche di linguetta ‘regola-barba’ che faceva perfettamente al caso, e che l’avrei aiutata, così si sarebbe riusciti a non fare troppi danni ed anche a fare in fretta. “Vabbé dai vediamo” rispose, che era già qualcosa. Scelto il costume, un due pezzi dai colori sgargianti, canarino con decorazione floreale che poteva piacere solo ad una donna della sua età, ci avviammo verso casa, e nel farlo tirai fuori il discorso della depilazione: le chiesi quanto avesse intenzione di rasare, rispose che voleva togliere solo le eccedenze e, in caso di eccessivo effetto “cuscino”, sfoltire un po’; in ogni caso, il meno possibile. Mi eccitava da matti l’idea che di lì a poco avrei avuto la fica di mia madre di fronte, con lei a gambe aperte per facilitarmi la visione completa, tanto che faticavo a nascondere l’erezione con la mano che avevo nella tasca dei pantaloni. Arrivati a casa, dalla quale erano ormai usciti papà e sorella, si diresse in bagno a provarsi il costume e decidere quanto, della sua irsuta flora pubica, sarebbe stato asportato. Io mi dissetai con dell’acqua di rubinetto, guardai l’ora: erano da poco passate le 15. Aspettai qualche minuto, le chiesi se era pronta e mi rispose che anche lei mi stava aspettando. Presi il mio rasoio dal mio bagaglio ed andai in bagno, la trovai seduta sul WC con addosso entrambi i pezzi del bikini: delusione, io come un pirla mi aspettavo di trovarla con la fica esposta, senza mutandine. Mi resi conto che aveva senso: lei avrebbe spostato il costume di qua o di la a seconda di dove avrei dovuto rasare. “E va bene”, pensai, era comunque meglio di niente. Mi inginocchiai di fronte a lei, aveva le gambe spalancate e attraverso il costume si vedeva la forma delle labbra: alla visione, il sangue lentamente tornava a dirigersi nelle mie parti basse. Mi spiegò che avrei dovuto rasare tutto oltre al bordo, ed io così assecondai: feci correre il becco del rasoio, ne approfittai con delle palpatine rubate ma dalla parvenza distratta, dove possibile, con la mano sinistra appoggiata al costume, che su mia indicazione(“lascia faccio io”) sostituii alla sua, che faceva da guida. Riuscivo a sentire con le dita i suoi peli e l’esterno della pelle delle sue labbra, era una sensazione bellissima. Afferravo, con pollice da una parte ed indice dall’altra, il costume ai suoi bordi, stringendone l’area per permettermi di aggiustare la asatura. Nel farlo, e scorrendo verso il basso con la mano, mi godevo il contatto con le labbra della sua fica, e la mia erezione ne ringraziava. Osai: “Ma’, ci sono dei punti che con il costume addosso proprio non si riesce, toglilo che faccio in un attimo. Se non faccio in contropelo poi ti pizzica, ed ho paura di fare una cosa tutta sbilenca”, dissi in tono assertivo. Mi andò bene: lei obbedì e si lasciò andare il costume con il fare incurante ed innocente che può avere una madre che non teme il proprio figlio(o, più verosimilmente, di quello di una madre maliziosa che asseconda compiacente gli azzardi di un figlio eccitato, giocando come probabilmente non faceva da tanto). Che visione! Ormai ero partito in quinta e non mi sarei fermato per nessun motivo. Riavvicinandomi tra le sue gambe affermai “eh beh, non male!”. Lei in tono leggermente divertito mi chiese se mi stessi riferendo al mio lavoro o a qualcos’altro, io risposi che il mio lavoro aveva bisogno di qualche ritocco… Avevo il suo clitoride e le sue labbra a pochi centimetri dal naso, il mio cazzo iniziava a far male da come spingeva nei pantaloni ed io dovevo aggiustarmelo spesso, l’aria si era fatta pesante per la tensione. Io continuavo con la mia rasatura di precisione, ma ne approfittavo per tastare con nonchalance quanto più possibile, torturandomi. Lei si era accorta di quanto spesso me lo aggiustavo, e si era accorta delle smorfie di disappunto sul mio volto in ogni occasione, e ad un certo punto mi ammonì: “cazzo Be’, sono tua madre!”; io ironicamente risposi che non era colpa mia, che doveva dirlo a “lui” e che in fondo sono uomo anch’io. Approfittai del fatto che avesse tirato fuori l’argomento e mi spinsi oltre: “anzi io lo libererei che inizia a fare un po’ male là dentro”. Lei sbuffo ma acconsentì dopo un po’ di insistenza da parte mia, io non aspettai che lei potesse cambiare idea così facilmente e con ‘viva e vibrante soddisfazione'(cit.) lo tolsi dalle sue costrizioni. Lei non poteva vederlo da là sopra a meno che non si fosse piegata in avanti, cosa che non poteva fare visto che io stavo rasando la parte inferiore ed avevo bisogno che lei rimanesse in quella posizione. Che però non era sufficiente, visto che con lei seduta lì le natiche rimanevano quasi chiuse, ed io avevo difficoltà a raggiungere gli ultimi punti. Glielo dissi, aggiunsi “vai sul letto che così non divento matto e non rischio di farti male con il rasoio”, lei si oppose dicendo che per lei andava bene anche così, io insistetti, dicendo che ormai era quasi finito e ci sarebbe voluto poco. Accettò e si mise sul letto grande, seduta su una tovaglietta 50×50 per non sporcare le lenzuola dei peli caduti, mentre io davo una pulita veloce ai peli che si erano posizionati sul bordo del WC, utilizzando della carta igienica. Mi avviai con il cazzo ancora libero e ancora duro, lei sul letto con mutandine lo vide mentre io fingevo di nasconderlo, spingendolo verso il basso, imbarazzato(la mia intenzione era proprio che vedesse quanto ero eccitato), io commentai che se in quel preciso momento ci avesse visto qualcuno avrebbe chiesto di partecipare anch’egli alla festa. Ci facemmo una risatina per stemperare l’atmosfera, ma era per entrambi una risatina poco naturale, dettata dalla tensione nervosa della situazione. Arrivai al letto, lei a gambe aperte, io con il cazzo duro, ed in quel momento mi resi conto di due cose: a) che sarebbe stato ovvio anche per un sasso quanto stessi portando avanti questa rasatura, che si sarebbe potuta concludere con dieci minuti di anticipo e che invece andava avanti solo per il mio plateale arrapamento, e b) che mia madre, nonostante il primo punto, stava al mio gioco, che poi era anche il suo, quello della seduttrice. Era chiaro, avevo voglia io ed aveva voglia lei, io avevo il cazzo duro e lei mi teneva la sua fica davanti al muso. A quel punto, con il mio cazzo che mi trainava come una locomotiva e che ormai non tentavo più di far finta di nascondere, decisi di buttarmi, e lo feci in due fasi: prima misi il palmo della mia mano sulla sua figa, tastandone il clitoride e le labbra oltre che ciò che rimaneva dei peli, mentre davanti a lei e tra le sue gambe mi ero posizionato con un ginocchio sul bordo del letto, e con gli occhi coglievo la sua reazione(un misto tra curiosità e assecondamento); poi tolsi la mano e mi buttai con il cazzo, in uno stato di vuoto mentale pressoché totale: in pochi istanti mi ritrovai con la mia cappella nel fondo della figa di mia madre, mentre nel braccio avevo raccolto la sua gamba, che tenevo alzata per facilitare la penetrazione. Trovarmi così, eccitato al massimo nel profondo della sessualità della persona che mi aveva dato alla vita era estasi pura, una sensazione mai provata prima e che sapevo sarebbe stata irripetibile. Restai immobile e stordito per alcuni istanti, fino a quando a riportarmi bruscamente con i piedi per terra fu proprio lei, sconvolta: “Alberto, , che cazzo stai facendo?!”. Non risposi, restai immobile ancora un istante ed iniziai a muovermi, perché nello stato in cui mi trovavo per nulla al mondo avrei voluto rinunciare alla sensazione che provavo. “Alberto!”, insistette spingendo con le sue mani sul mio petto, “Alberto! Togliti subito, Alberto! Alberto!”; “Mamma sei bagnata, lo sento che ti piace, non negarlo!”, risposi; “Sono tua madre, mi stai violentando! Alberto, togliti!”. Era vero e me ne resi conto, quello che stavo facendo era diventata una violenza e me ne vergognai immediatamente, quindi, sempre in silenzio e sempre con il respiro affannoso, estraetti il mio membro dalla calda vagina materna, che bagnato non poté fare altro che svettare mestamente all’aria, privato della sua ragion d’essere. Immediatamente Roberta balzò indietro di scatto, con lo sguardo ancora sconvolto rivolto verso di me che non sapevo cosa dire. Il mio aspetto doveva proprio essere penoso visto che il suo tono cambiò subito: “Alberto..”, disse, in con voce compassionevole. Imbarazzato, non potei che tentare di scusarmi: “Scusa, non so che mi è preso.. vado in bagno”. Perché ero sì imbarazzato, ma il mio cazzo era ancora duro e dovevo dargli sollievo perché la finisse di obnubilarmi il giudizio. Non ci misi molto, ma quando tornai fuori, dopo un’altra mastodontica sborrata dopo quella della notte precedente, mia madre si era già rivestita ed uscita, chissà dove: era chiaro per entrambi che era meglio evitare ogni tipo di contatto, almeno per qualche ora. “Meglio così”, pensai, mi stesi sul letto e mi tirai un’altra sega, pensando a quanto era bello essere nella figa di mamma. Pensai anche che era stata stronza a darmi corda così, facendo finta di credere a scuse stupide ed ovvie come quella della necessità di torgliere le mutandine o di rifinire il lavoro sul letto, per poi tirarsi indietro una volta che gettai la maschera. Di nuovo, mi ci volle poco per svuotarmi nuovamente le palle; una volta placato il fuoco, mi feci una doccia ed uscii in direzione della spiaggia, solito posto, dove trovai Camilla e papà, stavolta senza osare palpate o ditalini ninja. porno racconti incesto Il che un po’ mi deludette, nonostante il mio eccitamento fosse stato stemperato da due pippe e dall’imbarazzo misto a vergogna che stava tornando, pesante come un macigno e sempre più opprimente ogni volta che ripensavo a quanto accaduto un’ora prima. Poco male, avrei dovuto aspettare la notte per pedinarli e vederli scopare al buio di qualche angolo; intanto resi nota la mia presenza con un saluto e chiesi se avessero visto la mamma, spiegando che era uscita mentre io ero in bagno: mi dissero che era passata di lì, che le avevano proposto di andare a fare quel benedetto bagno assieme ma che lei aveva definitivamente cambiato idea, preferendo andare al bar a bersi una limonata. Mi stesi sull’asciugamano, mi spalmai la crema protettiva e mi feci un bagno di sole. Alla sera ebbi modo di rivedere mamma Roberta, la quale prevedibilmente si comportava come se nulla di strano fosse accaduto quel giorno, come se non fossero passate che poche ore dal timbro del cartellino del mio pene nella sua vulva. Il che mi rasserenò un pochino, perché le beghe che ne sarebbero conseguite sarebbero potute essere massicce. Mangiammo insieme della pizza al taglio presa al chiosco, dopodiché uscii lasciando gli altri in casa, direzione cinema a vedermi un film comico che a posteriori si rivelò abbastanza noioso, complice anche il mio umore tormentato dai pensieri. Finita la pellicola, mi diressi in un locale notturno: avevo voglia di scopare e la mia intenzione era di farlo al più presto, quindi, prostitute a parte, cosa c’era di più veloce che ingurgitare un paio di bicchieri e lanciarsi al rimorchio? Invece, nonostante i due tequila con ghiaccio, rimasi bloccato, e allora piuttosto che ubriacarmi totalmente decisi di fermarmi e tornare a casa, nonostante fosse ancora presto(l’una di notte circa). Avvicinandomi, tentai di scovare papà e Camilla che, pensai, sicuramente erano a scopare da qualche parte nelle vicinanze come la sera precedente, così avrei potuto rimediare alla scopata non concretizzatasi con una sega da voyeur. Purtroppo nei dintorni del nostro appartamento non c’era nessuno tranne, poco più lontano, una macchina con della pessima musica sparata a volume alto e della gente che le bazzicava attorno, reggendo nelle mani varie combinazioni di bicchieri, bottiglie di birra, sigarette ed altro che non riuscivo ad identificare. Forse era proprio quella presenza chiassosa che aveva allontanato Camilla ed il suo amante, papà. Tra l’altro la scena era anche abbastanza suggestiva, l’alcohol e le altre sostanze avevano evidentemente avuto il loro effetto, visto che si erano formate coppie e gruppetti di tre che si scambiavano effusioni oltre il limite che la decenza pubblica avrebbe consentito in un momento della giornata diverso. L’alcohol nel sangue quasi mi spinse ad avvicinarmi agli sconosciuti, presentarmi come il loro vicino, annoiato ma estroverso, ed amalgamarmi a loro per tentare il tentabile per scopare con qualcuna delle presenti, ma fortunatamente mi resi conto che sarebbe stata una mossa da perfetti sfigati. Rientrai in casa, dovetti usare la chiave sotto al vaso di fiori che era appoggiato sul muretto lì vicino, il che significava che la casa era vuota: così era, decisi quindi di versarmi un biecchiere di qualcosa di forte e guardare cosa c’era in televisione. In TV, o meglio in quei 6 canali in croce che l’antenna riusciva a ricevere decentemente, come al solito non c’era nulla che non fosse pura spazzatura, ma quel che è peggio è che di alcolico in casa c’era solo un pessimo amaro alle erbe e della grappa artigianale dal sapore rivoltante. Mi feci coraggio e, figa cane italiano mischiandoli con del succo di frutta per mitigarne il gusto, mandai giù due o tre bicchieri. Barcollando, dopo aver raggiunto uno stato mentale e fisico che mi appagava, riuscii a mettere via bottiglie e bicchiere ed a stendermi sul letto, dove mi addormentai quasi istantaneamente. Mentre dormivo erano tornati tutti: il cane e la cagna, ovvero papà e sorella, e la mamma, che si era stesa come sempre nel lettone assieme a me, che ogni tanto mi destavo dal sonno per qualche confuso momento di semi-lucidità nei quali andavo in bagno a svuotarmi la vescica o a bere copiosamente acqua dal rubinetto. In uno di quei momenti ebbi la sensazione che mia madre nuovamente si stesse sditalinando, stesa sul fianco e dandomi le spalle, ma nello stato in cui mi trovavo non riuscii a fare nulla di concreto, nonostante l’abbondante acqua bevuta avesse attenuato molto la sbornia. Non mi detti comunque per vinto e mi feci coraggio: “Stai pensando ad oggi?” le chiesi a bassa voce. Si fermò spaventata, e dopo qualche secondo di silenzio, rispose affermativamente: “Eh…”. “Non dovevi fermarmi”, le dissi, “piaceva anche a te, non c’era nulla di male”. “…non possiamo, Be’, sei mio figlio.”. Non dissi niente, mi riaddormentai per l’ennesima volta. Mi risvegliai che il mio cazzo era di nuovo duro e l’alcohol quasi non si sentiva più, a parte uno sgradevole cerchio alla testa. Era ancora mattina presto ma non era passato molto tempo dall’ultima volta che mi ero svegliato, perché mia madre ci stava ancora dando dentro con il suo clitoride, anche se il ritmo era calato. Pensai che forse aveva smesso quando le rivolsi la parola, per poi aspettare e riprendere più tardi, con il figlio nuovamente addormentato, oppure che si stesse masturbando nel sonno dopo essere rimasta in quella posizione(d’altronde ero in uno stato mentale particolare). Mi toccai un po’ il cazzo, che non faceva altro che indurirsi nei miei boxer, mentre buttavo uno sguardo a Roberta, che mi dava le spalle, stesa di fianco. In quegli istanti mi chiedevo se non fosse il caso di tentare di scoparmi Camilla, mia sorella, che sicuramente era più disinibita ma, con il pressoché insormontabile ostacolo rappresentato da mio padre, che oltre ad esserle costantemente attorno la soddisfava abbastanza da non renderle necessaria un’altra presenza maschile tra le sue gambe. Ormai avevo iniziato a tirarmi l’ennesima sega, lentamente. Allungai una mano di fianco ed iniziai a palpare il culo a mamma, che non oppose resistenza: forse faceva finta di dormire, o forse dormiva davvero. Mi andavano bene entrambi i casi, non mi importava, avevo il cazzo duro e dovevo masturbarmi. Lo facevo pensando, di nuovo, di scoparmi la persona a cui stavo accarezzando il culo, la persona che si stava lasciando accarezzare il culo dal figlio. I pensieri si facevano sempre più arditi.. Mi girai sul fianco, in sua direzione, e continuai con la mia sega. In quella posizione era molto più complicato riuscire a toccarle il culo, visto che ora il mio corpo si poggiava sul lato del braccio che lo faceva; nonostante ciò, avvicinandomi a lei, riuscii a riprendere il contatto. Mi trovavo talmente vicino che ormai bastava poco per riuscire a strusciare il mio pisello sul suo culone morbido, cosa che non tardai troppo a fare, disinibito com’ero. Non ce la facevo più, mi lasciai andare ad un altro gesto di follia: con uno scatto silenzioso le abbassai le mutandine. Nessuna reazione, iniziai a credere che stesse davvero dormendo, alché mi sedetti sulle ginocchia e, piano piano, le feci scivolare giù alle caviglie. Ero pronto: con uno scatto silenzioso mi riposizionai dietro di lei, questa volta molto più vicino. Insinuai le mie dita tra le sue natiche e raggiunsi la sua fica, la accarezzai per qualche secondo, giusto il tempo di rendermi conto che tutta questa tiritera era inutile… e dopo una mezza giornata parecchio tormentata dopo quell’evento, con un movimento rapido ma silenzioso rientrai nel caldissimo buco dal quale ero stato così freddamente cacciato, e senza aspettare reazioni iniziai a muovermi, a stantuffarla, perché sentivo quanto era bagnata dal suo precedente sditalinamento. Subito Roberta scattò spaventata, ed esclamò “Cazzo Alberto, di nuovo! Sono tua madre, Alberto, che cazzo fai!”. Questa volta però ero deciso: “Non cacciarmi questa volta, mamma, lo vuoi tu e lo voglio io..”, dissi mentre continuavo a muovermi dentro di lei, a scoparla. “Sono tua madre Alberto, cazzo sono tua madre!”, ripeté, mentre nel suo respiro si riflettevano i colpi del mio pene, cosa che mi eccitava ancora di più; “Lo sai che continuerò a provarci, lo sai che ti voglio tantissimo, lasciami fare, ti prego, solo questa volta, lasciami fare..”, risposi io sussurrando. Smise di cercare di allontanarmi, si arrese e si lasciò possedere, mentre vittorioso, nell’orecchio le ripetetti “Si.. lasciati scopare..”. Avuto il via-libera, iniziai a darci dentro con più convinzione. La posizione era quella comunemente definita “cucchiaio”, entrambi di fianco, io dietro a lei, ma soprattutto dentro. Il mio respiro si era fatto pesante, i miei fianchi si muovevano assatanati, davano colpi decisi e a lei piaceva: stava mugolando sottovoce, ed anche il suo respiro si era fatto affannoso. “Ti piace, mamma? Ti piace il cazzo di tuo figlio?” le chiesi. Non rispose, ripetei la domanda, e finalmente lei annuì: “Certo che mi piace, sono una donna anch’io.. e tu sei un vigliacco perché approfitti della mia debolezza” – “Anch’io sono pur sempre un uomo.. ripetimi che ti piace”, mentre la mia mano aveva preso possesso di un suo seno – “Mi piace.. mi piace..”, sussurrava, per non farsi sentire da Enrico e Camilla, che stavano nella stanza accanto. La scopavo di gusto ed avevo iniziato a leccarle e baciarle il collo, come un vero amante, godevo come un matto e, inevitabilmente, il momento della sborrata non tardò ad arrivare. “Dove posso sborrare?” – “Di già?” – “Eh, di già” – “Dentro, vieni dentro”. Mi spiaceva venire così presto ma non riuscivo a trattenermi, venni con tutta la mia forza dentro la figa di mia madre, era un godimento indescrivibile. Con le forze ormai esaurite, non potevo che rimanere immobile, con il mio cazzo ancora dentro di lei, dentro la sua figa piena del mio sperma caldo. “E’ stato incredibile scoparti, mamma” – “Sei una testa di cazzo Alberto”. Sentirmi dire così da mia madre con il mio pisello dentro di lei aveva un qualcosa di mistico. Continuavo a pensare a quanto appena fatto ed il mio cazzo rimaneva in stato di semi-erezione, e ancora eccitato, velocemente stava tornando duro come prima: la voglia stava tornando ad assalirmi, lei non poteva non averlo capito. Di nuovo duro, tornai a muovermi lentamente, mamma non disse una parola. Decisi di cambiare: volevo scoparla alla missionaria, volevo vederla in faccia mentre la montavo come una cagna. Dopo qualche ulteriore colpo da dietro, mi alzai sulle ginocchia, le feci capire che doveva stendersi sulla schiena, le allargai le gambe e mi ci misi in mezzo, avvicinandomi rapidamente alla sua figa con il mio cazzo che grondava del mio stesso sperma e dei suoi umori. Aveva un’espressione stralunata: bocca dischiusa, testa piegata all’indietro, pupille che, quando gli occhi non erano chiusi, erano rivolti verso l’alto ed evitavano di incrociarsi con i miei. Era bellissima, ed io stavo (ri)entrando in lei. Ripresi a scoparla, tentando di fare meno rumore possibile. porno italiano Era difficile, ma in quel momento, se qualcuno dalla stanza accanto avesse aperto la porta, non me ne sarebbe importato nulla, avrei continuato a fottere mia madre come stavo facendo, come fanno i cani, che si accoppiano noncuranti degli occhi che hanno addosso. Lei però ripeteva di fare piano, ché ci avrebbero sentito, ma io più piano di così non sarei proprio riuscito a fare se volevo mantenere la cosa una scopata decente. La zittii mettendole la lingua in bocca, limonandola mentre le scopavo la figa: il suo imbarazzo faceva sì che non ricambiasse completamente il bacio del figlio. Sentivo il suo respiro sul mio volto, tastavo le sue tette con la mia mano, godevo della sua figa caldissima con il mio cazzo, figa che era diventata un lago di sperma ed umori, che uscivano sempre più copiosi sotto i miei colpi appassionati imbrattando il lenzuolo. Tentava affannosamente di trattenere i suoi mugolii ma non sempre ci riusciva, e a me piaceva sentirli: più la sentivo godere e più mi veniva da scoparla ancora più forte di prima, cosa che le faceva ribadire i suoi ammonimenti. Ebbe un orgasmo, ma fece di tutto per soffocarne gli effetti. Le proposi allora di andare altrove: “Vieni, andiamo a scopare in cucina così non ci sentono”. L’espressione che usai la indispettì visibilmente, avrebbe preferito un vago “andiamo di la..”, che però io avrei trovato un po’ paraculo: mi eccitava mettere in chiaro che saremmo andati di la per fottere, ma soprattutto che ci sarebbe venuta lei di sua spontanea volontà, perché voleva essere scopata, perché bramava il cazzo, nella fattispecie il mio. Ci alzammo dal letto con l’intenzione di dirigerci, pochi passi più in la, in cucina, mentre la luce dell’alba che entrava dalle finestre e dai vetri opachi della porta d’ingresso stava rapidamente trasformando in giorno la nostra sconvolgente notte insieme; di proposito mi attardai un attimo nel raggiungerla, la lasciai avviarsi da sola per poterla poi vedere aspettarmi ed offrirsi, aspettare il cazzo ed offrire la sua figa nella posizione e nel posto di sua scelta, piuttosto che venire lei da me e convenientemente, per salvare il salvabile del proprio pudore, si comportasse come se fosse una imposizione e lei non avesse scelta: era un piccolo dettaglio che per me faceva la differenza. Si mise con le mani sul tavolo, con il culo spinto all’indietro. La raggiunsi con il cazzo che tagliava l’aria dinanzi a me, la abbracciai da dietro dopo aver puntato nuovamente il mio cazzo sulla sua figa, mentre lei mi facilitava la penetrazione spingendo verso di me il suo morbido culo, e mi spinsi dentro per l’ennesima volta, e per l’ennesima volta entrare in lei fu come la prima. “Dimmi quanto ti piace il cazzo, mamma” – “Smettila Alberto, sono sempre tua madre, non farmi dire queste cose” – “Ti sto scopando, di che cazzo ti vergogni? Dillo!” – “Mi piace tanto..”, disse mentre respirava a bocca aperta. E a me piaceva tanto sentirglielo dire, mi piaceva sentirla parlare di cazzo e di sesso, mi rendeva più passionale, la scopavo più forte. “Quando l’hai preso l’ultima volta?”, le chiesi. Nessuna risposta. Insistetti, ovviamente: “Dimmelo, l’ultima volta quando?” – “No, non te lo dico Alberto” – “Dimmelo, non puoi avere questo tipo di discrezione, ti sto scopando!”. Dopo alcuni istanti di silenzio, durante i quali non rallentavo il mio sostenuto ritmo, e durante i quali lei continuava a mugolare e a sospirare, finalmente mi rispose, seppur con un vago “Un po’ di tempo fa..”. Capii che avrei dovuto tirarle fuori i particolari con le pinze, ed infatti lo scambio di richieste e di mezze risposte andò avanti per un bel pezzo, fino a quando.. “Meno di due settimane fa? Credevo che papà non ti scopasse più”, dissi sorpreso, mentre le allargavo il culo con una mano. “Infatti..”, rispose sospirando. La feci allontanare dal tavolo e la feci mettere in ginocchio, a pecorina. Mi misi in ginocchio anch’io, dietro di lei, e subito ricominciai. Ricominciai a scoparla e con le domande: “E allora chi?” – “…” – “Chi?”, insistetti, mentre le davo colpi ancora più forti. “Giancarlo..” – “Eh? XXX(cognome)?? Ti scopi il vicino!”. Nessuna risposta, significava che era proprio lui, un vicino di casa, sposato con prole a carico, che ogni tanto passava di casa nostra a bere qualcosa, ma che non avrei mai sospettato di scoparsi mia madre. Mi feci raccontare tutto, dai primi incontri alle ultime scopatelle veloci, sul nostro divano mentre io ero in camera, al computer, ed in casa non c’era nessun altro, o nel lettone di lei e di Enrico(che, ironicamente, in quei momenti probabilmente si scopava, a sua volta, Camilla), mentre io ero via; lei nel parlarne mentre prendeva i colpi del mio cazzo venne di nuovo. Anch’io prima di tirar fuori l’argomento ero quasi pronto per sborrare, ma la cosa mi indispettì e, un po’ più freddamente ma sempre duro il giusto, continuai a fotterla, a godermela, poiché in quel momento era mia. Una volta venuta, lo tirai fuori dalla sua vagina e la feci girare: “Fammi un pompino”. Ormai le carte in tavola erano cambiate, lei non poteva più giocare a fare la vittima innocente, anzi! Potevo trattarla come una puttana e così fu. Lei obbedì, prese il mio cazzo in bocca e succhiò forte, voleva farmi venire il prima possibile perché forse un po’ la spaventava vedermi così. “Cazzo, ti fotti il vicino sul nostro divano”, dissi, “che troia..”. Non protestò, non mi rivolse lo sguardo, continuò a succhiarmi forte la cappella. “Brava, succhia forte, puttana.. succhiami bene”, continuai. Le venni in gola ripetendole “sei una puttana, mamma, sei una puttana”, tenendole la testa e spingendole il mio cazzo in fondo, fino alle palle. La cosa non sembrava causarle grossi fastidi a parte il naturale riflesso, si vede che era stata abituata. Non protestò nemmeno, ma subito dopo venuto tentò di divincolarsi via, cosa che io le impedii: “no, ferma, continua a leccarlo, puliscilo bene” le dissi. Non esitò a farlo, probabilmente una volta raccontatomi della sua storia con il vicino di casa si vergognava come una ladra, cosa che sinceramente mi faceva sentire un po’ in colpa: tutto ciò aveva un po’ il retrogusto del ricatto, cosa che non è mai stata nelle mie corde, tutt’altro. Leccò lentamente, molto lentamente, non c’era un millimetro del mio cazzo sul quale non passava e ripassava la lingua. Era brava, a me quasi tornava duro, e anzi sapevo che sarebbe stata solo questione di attimi. La feci alzare, volli spezzare il clima di tensione che si era creato tra i due e che la faceva intimorire nei miei confronti dandole un bacio sulla bocca, facendomi coraggio per sopportare il fatto che stavo in pratica assaggiando il mio stesso sperma. La abbracciai mentre la baciavo, lei contraccambiava, anche se non capivo con quale stato d’animo. Mi staccai e cercai di essere più chiaro, dicendole: “Mamma, voglio che tu sappia che mi è piaciuto molto fare sesso con te. Vorrei che non fosse l’unica volta, ma vorrei anche che sia chiaro che non ho nessuna intenzione di ricattarti con quello che so, non voglio rifarlo solo perché hai paura”. “Tesoro..”, disse lei, in un attimo di pausa, poi ripresi: “voglio che lo rifacciamo perché vogliamo farlo, perché scopare è bello”. Mi rispose prendendo questa volta lei l’iniziativa per un bacio, sembrava quasi commossa, mi riabbracciò forte, e quando ci staccammo mi disse che no, non sarebbe stata l’unica. Per fortuna, pensai, perché il mio cazzo stava di nuovo riprendendo sostanza, ormai le spingeva sulla pancia, facendola ridacchiare quando se ne rese conto. Tornammo a letto e me la scopai di nuovo, questa volta molto lentamente ed in preda al sonno, di nuovo da dietro e distesi sul fianco con la mia mano che le stringeva una tetta; non venni neanche, mi addormentai con il mio cazzo ancora al suo interno: non so cosa vide papà quando uscì dalla sua stanza, perché quando mi svegliai io ero solo nel letto, speravo che la mamma fosse stata più furba di me e si fosse divincolata mentre dormivo, oppure che si fosse alzata lei prima del marito. Avevo troppo timore di sapere la verità, quindi anche una volta svegliato non lo chiesi. Da quella volta continuiamo a scopare regolarmente e nelle situazioni più disparate, avvantaggiati anche dal fatto che mio padre e mia sorella non vivono più con noi(Camilla si era trasferita prima con un ragazzo ed ora con un altro, Enrico è andato a vivere in affitto con una nuova compagna): mi piace coglierla da dietro mentre lava i piatti, alzarle la gonna ed in un baleno esserle già dentro. Oppure, dopo che abbiamo finito di mangiare da soli e con qualche battutina tipo “ti va il dessert?”, mi faccio fare un bel pompino, con lei che passa a gattoni sotto il tavolo per venirmelo a succhiare, dopo aver accettato con un ghigno. O ancora andandola a svegliare nel letto, non con le parole ma direttamente con la sensazione del mio cazzo dentro la sua figa calda, so che le piace molto ed a me piace farlo; presa confidenza ha iniziato a proporre anche lei di scopare. So che se la fa ancora con il vicino, il quale pure sembra essere in una profonda quanto mal celata crisi matrimoniale; non lo fa più in gran segreto come prima, anzi a volte, quando lui si presenta con solo pochi minuti di preavviso tramite telefonata veloce, lo fa con me ancora in casa, ovviamente avvisandomi e chiedendomi di far finta di non essere in casa. Non perché abbia voglia di sesso ma perché provano sentimenti reciproci ed hanno programmi per il futuro(anche se se la stanno prendendo con molta calma, soprattutto lui a liberarsi della attuale moglie). In tal senso sono un po’ l’amante dell’amante..